Il conflitto può essere definito come “una situazione in cui forze, di valore approssimativamente uguale ma dirette in senso opposto, agiscono simultaneamente sull’individuo”; o anche “la reciproca interferenza di reazioni incompatibili.”
Il conflitto può far riferimento alla presenza di tendenze coesistenti rivolte ad almeno due forme differenti di comportamento. È possibile distinguere le tendenze appetitive o attrazione ovvero le tendenze rivolte al raggiungimento di un obiettivo, e le tendenze avversative o avversione ovvero quelle rivolte ad evitare eventi indesiderabili. Tali teorie fanno parte della teoria del campo di Lewin.
La teoria del campo applica al comportamento interpersonale e al concetto di personalità i principi gestaltici della percezione. Il concetto di “campo” è inteso quale totalità di fenomeni psicologici che agiscono in reciproca interdipendenza di influssi; l’individui dunque si colloca al centro di un campo di forza ambientali che li modificano e che, grazie a lui, si modificano. Tale teoria ha trovato applicazione proprio nella psicologia sociale, riuscendo a offrire una fortunata ed esauriente spiegazione sulle dinamiche che intercorrono all’interno di un gruppo.
Per Lewin si ha conflitto quando una persona è costretta a scegliere fra obiettivi o corsi d’azione incompatibili, contraddittori o mutatamene esclusivi cioè quando l’azione necessaria a raggiungere l’uno impedisce automaticamente alla persona di raggiungere l’altro.“Una situazione in cui le forze di valore approssimativamente uguale ma dirette in senso opposto, agiscono simultaneamente sull’individuo” .
Secondo la teoria del campo si prospettano 4 possibilità di conflitto:
- Conflitto fra due tendenze appetitive in cui il soggetto di fronte a due obiettivi raggiungibili deve necessariamente sceglierne uno scartando l’altro. Non viene considerato un vero e proprio conflitto, ma piuttosto una condizione di scelta.
- Conflitto fra una tendenza appetitiva e una tendenza avversativa in cui si contrappongono desideri razionali e ostacoli emotivi quindi alcuni elementi spingono in una direzione e altri in quella opposta. Le decisioni risultano difficili poiché si innesca un meccanismo di attrazione e repulsione con momenti alterni di prevalenza dell’uno rispetto all’altro.
- Conflitto fra due tendenze avversative in cui il soggetto è posto di fronte a una scelta riguardo due opportunità negative. Si ha la tendenza a scegliere l’opportunità meno scoraggiante.
- Conflitto composto fra più tendenze appetitive ed avversative(doppia situazione di attrazione – avversione) che si verifica in molte situazioni della vita di tutti i giorni, è il caso in cui oggetti o situazioni evocano contemporaneamente situazioni di avversione e attrazione. Una classica situazione è quella in cui ad un individuo che svolge una determinata attività professionale viene proposta un’altra attività. Entrambe le professioni hanno caratteristiche sia attraenti che negative, se le caratteristiche attraenti o quelle repellenti di ciascun lavoro sono uguali vi sarà una situazione di conflitto.
Spesso a suscitare il conflitto non è un oggetto o un’attività, quanto un modello di comportamento, che si sintetizza, in questo caso, nel concetto di “ruolo”.
Il conflitto nasce quando un individuo viene ad occupare, simultaneamente, due posizioni differenti, che prescrivono atteggiamenti diversi, oppure quando le attese di persone o gruppi diversi, relativi ad una stessa posizione, discordano nettamente.
L’adolescenza è l’es. tipico di conflitto, in quanto il soggetto è già uscito dall’infanzia e non ha ancora raggiunto l’età adulta, si sente attirato dall’idea di essere un adulto indipendente e carico di prestigio, ma anche dal desiderio di restare legato al ruolo del bambino, protetto e sicuro.
Se una persona appartiene allo stesso tempo a due gruppi sociali diversi della stessa categoria (età, nazionalità, razza), gli si presenteranno, in ogni situazione, due tipi diversi di comportamento suggeriti da ognuno dei due gruppi ed il soggetto di troverà in una situazione permanente di conflitto. Questa situazione può essere grave perché non si tratta di un conflitto casuale e passeggero, ma costante per l’individuo, il quale ha interiorizzato due serie di ruoli paralleli per ogni situazione; oppure perché entrambi questi gruppi, di cui fa parte, hanno una grande influenza sulla formazione della personalità.
Ci sono varie possibilità di uscire da questo conflitto:
- con un’intensa valorizzazione della cultura d’origine, che si manifesta con nazionalismo e rifiuto di ogni nuovo ruolo, dovuto spesso ad un’incapacità di adattamento al nuovo gruppo;
- con l’assunzione di un ruolo intermedio che permetta di conciliare le due culture;
- con un buon adattamento alla nuova cultura che va di pari passo con il rifiuto del gruppo d’origine.
L’individuo si perderebbe tra questi conflitti se non avesse, a sua disposizione, dei meccanismi adeguati che gli permettano di risolverli.
A livello personale operano numerosi meccanismi:
- la separazione, che consiste nel tentare di separare, sia nel tempo sia nello spazio, i due ruoli in conflitto, ad es. evitando la sovrapposizione dei ruoli, assumendoli nel tempo e negli spazi separati, il conflitto viene risolto distaccandosi da un ruolo ritenuto riprovevole, quello ritenuto meno importante, ma questa decisione di mettere da parte un ruolo si rivela dannosa per l’individuo, potendo generare dei forti sentimenti di frustrazione;
- il compromesso, consistente nel rimandare l’azione ed attendere che uno dei due gruppi o entrambi attenuino le loro esigenze, oppure ristrutturare il ruolo stesso al fine di adattare questa nuova definizione ad ognuno dei due gruppi, infine un’altra strategia è quella di utilizzare un ruolo contro l’altro, indicando ad ogni gruppo le esigenze incompatibili che gli vengono imposte dall’altro in modo da spingere le due parti ad attenuare le proprie richieste;
- la fuga, consistente nell’uscita del soggetto da entrambi i ruoli, come la fuga dal campo, in cui l’individuo va in un altro ambiente sociale e si allontana dai gruppi che generano conflitto, la fuga nella malattia, che avviene inconsciamente
Molti psicologi sociali ritengono che le persone abbiano un bisogno fondamentale di congruenza cognitiva, ovvero di coerenza logica tra le proprie convinzioni ed idee. Secondo Festinger (1957) quando un individuo ha due rappresentazioni cognitive (idee sul mondo) coerenti l’una con l’altra, egli si trova in uno stato interno di equilibrio, che l’autore chiama di consonanza.
Quando invece due o più rappresentazioni cognitive non sono tra loro coerenti, perché una implica l’opposto dell’altra, si produce dissonanza. Festinger sosteneva che esiste una motivazione fondamentale che spinge l’individuo a ridurre gli stati di dissonanza, che sarebbero per natura destabilizzanti.
Più la rappresentazione cognitiva è importante e più la dissonanza è destabilizzante. E più è critica la dissonanza più è forte la motivazione dell’individuo a ridurla. Quello della dissonanza cognitiva è uno dei concetti elaborato da Festinger definendola come la condizione di individui le cui credenze, nozioni, opinioni contrastano tra loro (dissonanza per “incoerenze logica”), o con le tendenze del comportamento (“dissonanza per “l’esperienza passata”), o con l’ambiente in cui l’individuo si trova ad operare (dissonanza per “costumi culturali”).